venerdì 11 giugno 2010

Finalmente è arrivata.

Finalmente è arrivata. Con gli splendidi goal di Milito e le invenzioni strategiche di Mourinho l’Inter senza-giocatori-italiani è tornata in Europa. La folla ha sofferto, goduto, esplosa d’entusiasmo, 20.000 tifosi al Bernabeu e 150.000 in Piazza Duomo, dei quali pochi sapevano di questi quarantacinque anni che per i tifosi di antica fede significano la discesa agli inferi, la mediocrità e l’astinenza dalle vittorie; dopo la mitica triade Sarti-Burgnich-Facchetti la mediocrità dei Mandorlini, Centi e degli stranieri comprati rotti come Hansi Muller e di Presidenti come Fraizzoli: il solo Vice Presidente Prisco rimase a testimoniare la passata grandezza e la passione sempre viva dell’Inter, mentre Juventus e Milan spadroneggiavano in Italia e nel mondo: vinsero lo scudetto Cagliari (Gigirriva), Verona e Napoli (Maradona), Roma, Fiorentina: in tanti provarono a rompere questo asse di ferro, e l’Inter al palo a lasciarsi sfuggire Gigi Riva e Bonimba Boninsegna.

Un Purgatorio senza fine che cominciò a rivedere le stelle con gli scudetti di Mancini: ma di Champions League neanche a parlarne.

Ora, finalmente, una vittoria che arriva dopo aver messo in ginocchio avversari come Chelsea Barcellona e Bayern Monaco.

Ma che tristezza, dopo la festa.

L’allenatore se ne va: in cerca di nuove sfide, perché fa sempre così, vince e se ne va per vincere da un’altra parte. Evidentemente sa solo vincere e non gestire le vittorie, dare a queste la continuità del quotidiano durante la quale si vince, si perde, ci si lega a un ambiente e a una città, si persevera come fanno i veri campioni: il più grande fuoriclasse di questa squadra à Zanetti, che ha giocato settecento partite nella buona e nella cattiva sorte, non Maicon o Samuel che battono il ferro finché è caldo per guadagnare soldi, altro che sfida.

E poi c’è anche Milito in forse, perché ha ricevuto proposte allettanti, come Ibrahimovich. Quest’ultimo ha dimostrato che senza Inter è un signor nessuno, anche se ha tanti soldi in tasca. Milito molto probabilmente andrà a sottoscrivere questa proposta importante, e poi?

E’ vero che con i suoi goal ha fatto grande l’Inter, ma è vero anche che senza l’Inter non sarebbe diventato nessuno.

L’impressione di chi ha superato la soglia dei Sessanta, come il sottoscritto, è che si sta regredendo verso uno sport senza sentimenti; un calcio diventato uno starsystem che funziona con un giro vorticoso di denaro in nome del quale si giustifica tutto: estinzione anticipata di contratti e giocare per perdere; un ciclismo vilipeso dal doping e lontano da quello dell’onesta enfasi sportiva di Bruno Roghi che commentando una Milano-Sanremo diceva di un corridore “c’è un cuore che batte sotto quelle mutandine”!

In questo sistema, oltretutto, un tristo figuro, che ha portato volgarità e corruzione dovunque sia andato, si è permesso di infangare il nome di Giacinto Facchetti: per questo io non esulto per la notte del Bernabeu e non piango per la partenza di Mourinho.

Il dolore per l’offesa a un campione puro come Facchetti, per un vecchio interista come me, non può essere compensato da nessuna Coppa e da nessuna tripletta.